«Cosa non funzionò?» insiste implacabilmente Cazzullo. «Nulla. La vita di coppia è un incanto. Ne sono tuttora convinto: trovare un equilibrio tra due polarità, l’uomo e la donna, rappresenta la condizione di massima felicità per un essere umano», replica Gambetti, con una riflessione che evoca una profonda idealizzazione della relazione umana. Prosegue l’incalzante interrogatorio del vicedirettore del “Corriere”: «E la fidanzata?». La risposta fornita dall’anima apparentemente tormentata dipinge un quadro di affetto sincero e di un bivio esistenziale: «Ci volevamo un gran bene, avevamo persino discusso di matrimonio. Ma non ero certo che quella fosse la mia vera strada, e glielo espressi con onestà. Mi sentivo come se avessi indossato un abito che non mi apparteneva pienamente, una sensazione di inadeguatezza a un percorso predestinato. Fu allora che incontrai i frati minori conventuali a Bologna. Successivamente, feci il servizio militare, un periodo di distacco e introspezione. E poi, trascorii una settimana di profonda riflessione nel sacro convento di Assisi…», un percorso che traccia una chiara traiettoria verso una vocazione che si rivelava con crescente forza.
La promozione a cardinale di Gambetti nel 2021 segnò una svolta significativa, con Papa Francesco che lo catapultò dalla Basilica di Assisi a posizioni di enorme responsabilità: Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e per le ville pontificie di Castel Gandolfo, e Arciprete della Basilica di San Pietro. L’intento della Curia, in linea con l’immagine di un Bergoglio “pauperista”, era chiaro: collocare un frate, un simbolo potenziale di umiltà e semplicità, alla guida di una delle istituzioni più ricche e visibili del Vaticano. L’operazione sembrava, in teoria, un perfetto colpo di genio comunicativo. Tuttavia, come spesso accade nell’intricata dinamica del potere ecclesiastico, l’appetito viene mangiando. Si narra che il discepolo del Poverello di Assisi, una volta investito di tale autorità e circondato dagli onori – baci dei fedeli sull’anello cardinalizio e la scintillante croce pettorale al collo – possa aver perso, in parte, il controllo di una situazione oggettivamente complessa e dalle molteplici sfaccettature. È un aspetto raramente divulgato al grande pubblico che la Basilica di San Pietro non costituisce unicamente un fulcro spirituale dove storia, bellezza e fede si intessono in modo incomparabile, ma rappresenta anche il cuore pulsante di un’enorme macchina amministrativa e finanziaria. La gestione della biglietteria per le visite alla Cupola, da sola, genera introiti per diversi milioni di euro annualmente. L’Arciprete, inoltre, sovrintende a un flusso incessante di lavori di restauro che richiedono competenze gestionali e finanziarie estese. A questi si aggiungono cospicui investimenti immobiliari, come le proprietà delle mura di celebri ristoranti nel centro storico di Roma, e una vasta rete di relazioni esterne che spaziano dalla diplomazia ai rapporti con enti e personalità di spicco.
La cura di queste questioni eminentemente pratiche è delegata dal frate-Arciprete al suo fedelissimo collaboratore, Monsignor Orazio Pepe. Monsignor Pepe è una figura descritta come dotata di una lucidità cristallina riguardo alle priorità da perseguire, avendo notoriamente prediletto gli uffici dei Sacri Palazzi alle più modeste mansioni di un confessionale in una parrocchia di provincia. Nonostante l’efficienza e la chiarezza d’intenti, le operazioni non sono procedute con la fluidità sperata. La tanto attesa candidatura a vescovo, che in passato sembrava imminente, rimane ancora una prospettiva distante. Sebbene Gambetti non sia caratterizzato da una spiccata propensione diplomatica né dalla vocazione del parroco dedito alla cura delle anime, gli viene riconosciuto, senza dubbio, un pregio significativo: la sua costante memoria e cura per gli affetti più stretti, quelle poche persone che gli sono rimaste vicine anche nei momenti più travagliati della sua esistenza. In questi frangenti, si sostiene che abbia utilizzato le deleghe associate alla gestione della Basilica per creare spazio e opportunità per le proprie necessità personali e quelle del suo entourage. Si potrebbe ascrivere anche questo, in un’ottica pragmatica, a una forma di ‘pregio’.
Il cardinale Gambetti ha inoltre voluto al suo fianco l’inseparabile Enzo Fortunato, anch’egli frate, noto ai più per la sua straordinaria abilità nel reperire cospicue sponsorizzazioni per riviste e iniziative di ogni sorta, intercettando soprattutto l’interesse dei potenti di turno. È risaputo che ad Assisi, Fortunato abbia dovuto affrontare non pochi ‘grattacapi’, situazioni che sarebbero state in qualche modo risolte proprio grazie all’intervento di Gambetti. Più di recente, Fortunato era stato addirittura preposto alla guida della comunicazione della Basilica di San Pietro, un incarico che pareva voler colmare lacune in un apparato informativo già ricco di enti come Radio Vaticana, la Sala Stampa, il Dicastero per la Comunicazione e una pletora di ‘vaticanisti a gettone’. Tuttavia, si mormora che l’increscioso “pasticcio” legato al video del Papa proiettato durante l’ultimo Festival di Sanremo, condotto da Carlo Conti, gli sia costato la prestigiosa poltrona, segnando un inatteso ridimensionamento del suo ruolo.
A questa singolare “compagnia di giro” si è poi unito Padre Francesco Occhetta, che sul suo blog si presenta con un profilo eloquente: «Sono uno scrittore de ‘La Civiltà Cattolica’, mi sono laureato in giurisprudenza e ho conseguito un dottorato in teologia morale. Gesuita dal 1996, studio e scrivo per incontrare le persone». Una mossa strategica, questa di tessere relazioni e crearsi canali alternativi. Quando le sue posizioni sono entrate in collisione con la linea editoriale della rivista dei Gesuiti, in modo discreto e silenzioso, Occhetta è approdato in Vaticano, trovando collocazione nella fondazione “Fratelli tutti”. Creata nel 2021, la fondazione si prefiggeva ufficialmente lo scopo di «promuovere percorsi di arte e fede, formazione e dialogo con i popoli e le religioni per costruire un nuovo Umanesimo». Tuttavia, al di là delle auliche e nobili dichiarazioni d’intenti, la realtà operativa della “Fratelli tutti” si è rapidamente configurata come una macchina efficiente per l’organizzazione di eventi e l’invito di personalità, consolidando un network di influenza e visibilità che va oltre la mera dimensione spirituale.
