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È RITORNATA L’EPOCA DELLE CROCIATE

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TAROCCHI GRATIS NEWSDieci a uno. È il rapporto dei caduti, civili e militari, nella serie infinita di “operazioni” di Israele contro Hamas a Gaza. Poche decine di israeliani contro centinaia, a volte migliaia di palestinesi. L’obiettivo di Israele è questa volta l’annientamento di Hamas. Nessun leader dello Stato ebraico, anche il più moderato, potrebbe permettersi di meno. Il gruppo jihadista ha inflitto la più terribile delle ferite in 75 anni di Storia israeliana. In un giorno ha trucidato almeno 900 persone, 260 in un Bataclan all’aperto, nel rave party di Rehim. Nella Seconda Intifada, la più sanguinosa, con i kamikaze che si facevano esplodere nelle vie e nei ristoranti di Gerusalemme, le vittime israeliane furono 1060, ma in quattro anni e mezzo, dal 2000 al 2005.

Questo dà il senso della brutalità dell’attacco di Hamas, prelude a quali saranno le conseguenze, è alla base delle motivazioni. La leadership del movimento sa che pagherà un prezzo altissimo. Molti di loro non sopravviveranno. Migliaia di miliziani sono condannati, finiranno uccisi o prigionieri. I corpi d’élite saranno sterminati. L’attacco del 7 ottobre è quindi un suicidio programmato. Bisogna capire perché. Le ragioni sono almeno su tre piani, o tre cerchi. Al primo c’è il destino della Striscia. L’assedio che dura dal 2007 ha finito per delegittimare il governo di Hamas, pure arrivato al potere dopo aver vinto le prime elezioni nei Territori palestinesi. La guerriglia, gli attentati, le manifestazioni, la diplomazia, l’appoggio finanziario del Qatar, quello logistico e militare dell’Iran non sono bastati a rompere il blocco. Un fallimento.

Ora, anche se soltanto per pochi giorni, i combattenti hanno demolito i muri della prigione l’odiatissimo valico di Erez: il calvario delle umiliazioni per i gazani che volevano anche soltanto cercare cure in Israele od oltre. È un sollievo psicologico immenso che in qualche modo ridà senso al potere quindicennale di Hamas. Il gruppo sarà distrutto, o quasi, ma dopo aver offerto uno spiraglio, pur illusorio. Il secondo cerchio include tutti i Territori e tutta Israele. L’obiettivo è seppellire gli accordi di Oslo e riportare la lotta palestinese a un livello di Stati arabi, come lo era stata fino alla guerra del Kippur, nel 1973, e fino al primo accordo pace di Sadat con lo Stato ebraico del 1978. Oslo presupponeva che non si potesse sconfiggere Israele e lo Stato palestinese potesse nascere solo con la diplomazia e la convivenza.

Non è successo. Hamas può dire alla dirigenza di Ramallah, alla vecchia Olp più morta che moribonda: abbiamo fatto più noi in un giorno che voi in trent’anni. Il piano presuppone che si apra un secondo fronte in Cisgiordania. O ancora meglio che Hezbollah ne apra un terzo al confine con il Libano. Non ne ha intenzione, in accordo con l’Iran, pure il grande ispiratore di questa nuova guerra mediorientale. Per Hassan Nasrallah, e per l’ayatollah Khamenei, è più importante mantenere il diritto di veto del Partito di Dio su tutte le decisioni nel Paese dei Cedri. Lasceranno che gruppuscoli palestinesi facciano qualche incursione, come ieri, ma niente di più. Senza altri fronti, Hamas è condannato. E allora perché suicidarsi? L’ideologia del gruppo, con le sue radici nella Fratellanza musulmana in Egitto, nei propagandisti della jihad e del califfato,

Hassan Al-Banna e Sayyid Al-Kutub, spiega molto. Diecimila, forse ventimila combattenti, per non dire dei civili, sono “martiri” sacrificabili se si impone di nuovo il dato di fatto che Israele può essere ferita al cuore, che fare la pace con lei, come forse vorrebbero fare i sauditi, è tradimento della causa palestinese, e di quella araba, e finanche islamica.CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS

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