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IL PRIMO MAGGIO È UNA FESTIVITÀ PRIVA DI SIGNIFICATO

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TAROCCHI GRATIS NEWS IL PRIMO MAGGIO? UNA SCUSA PER IL PONTE! IL SONDAGGIO DI ALESSANDRA GHISLERI E’ TRANCHANT: PER LA MAGGIORANZA DEI NOSTRI CONNAZIONALI “IL LAVORO NON È PIÙ UN DIRITTO” E PER UN ITALIANO SU TRE IL PRIMO MAGGIO È UNA FESTIVITÀ PRIVA DI SIGNIFICATO CHE È DIVENTATA SOLO PROPAGANDA E VETRINA DEI POLITICI […]

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IL PRIMO MAGGIO? UNA SCUSA PER IL PONTE! IL SONDAGGIO DI ALESSANDRA GHISLERI E’ TRANCHANT: PER LA MAGGIORANZA DEI NOSTRI CONNAZIONALI “IL LAVORO NON È PIÙ UN DIRITTO” E PER UN ITALIANO SU TRE IL PRIMO MAGGIO È UNA FESTIVITÀ PRIVA DI SIGNIFICATO CHE È DIVENTATA SOLO PROPAGANDA E VETRINA DEI POLITICI – QUATTRO ITALIANI SU DIECI SI RITENGONO SOTTOPAGATI, PER IL 13% L’OCCUPAZIONE È UN’EMERGENZA…

Quest’anno il Primo maggio arriva in un momento delicato, soprattutto per gli italiani. Perché il nostro Paese ha un serio problema di impoverimento, specie per quel che riguarda il lavoro, registrato settimana dopo settimana da ogni rilevazione che dà conto delle opinioni degli italiani. L’indifferenza è il triste risultato che scaturisce dalla domanda sulla celebrazione del Primo maggio. Tra rabbia, tristezza, speranza, delusione e festa, è proprio l’indifferenza a essere generata con la maggiore frequenza. Secondo gli intervistati negli anni il Primo maggio ha assunto il ruolo di una festività priva di significato, solo vetrina e propaganda (30,2%), governata dalla politica (19,8%) e obsoleta (16,5%).

Solo per un italiano su tre (28,4%) mantiene la sua importanza e il suo valore. È principalmente l’elettorato del Partito democratico a dichiararlo (58,3%). Se ci fermiamo a riflettere fa una certa impressione osservare che, anche tra l’elettorato di centrosinistra, con il tempo questa festività abbia smarrito il suo significato originario. Per i più il Primo maggio è una scusa per un ponte, come del resto il 25 aprile e, purtroppo, la mancanza del quorum dello scorso giovedì in Parlamento con l’assenza dei parlamentari nel giorno del voto sul Def offre un’ennesima conferma ai cittadini, qualsiasi siano state le giustificazioni.

In ogni classifica il lavoro è sempre una voce dominante, eppure rispetto all’articolo 4 comma 1 della Costituzione – «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» – la stragrande maggioranza degli italiani dichiara di non vedere riconosciuto tale diritto nella società odierna (75,8%). E neppure rispetto al comma 2 del medesimo articolo – «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» – si ritrova una visione italiana, perché il 76,1% degli intervistati afferma di non ritrovare nulla di tutto questo nella nostra società.

Sembra assurdo, ma la Costituzione italiana, celebrata e pluricitata, appare non rispettata proprio nei suoi principi fondanti. La criticità più evidente secondo i cittadini è che il lavoro oggi sia sottopagato (37,3%) soprattutto nella visione delle donne (40,2%), così al posto di portare dignità alla persona (16,8%) si trasforma in un’emergenza (13,1%) e in uno strumento gestito in maniera antiquata (10,9%). Sono proprio i più giovani tra i 18 e i 24 anni, prossimi al mercato del lavoro, che ne lamentano i maggiori disagi e non ne riconoscono lo strumento per la costruzione di un futuro.

Del resto le manifestazione del 25 aprile e del Primo maggio non fanno registrare alcun cambiamento nelle intenzioni di voto degli italiani, poche sono le evoluzioni che registrate nel sondaggio realizzato per Porta a Porta tra il 26 e il 27 aprile. Rispetto a 15 giorni fa (ultimo sondaggio su La Stampa) pochi sono i cambiamenti rilevanti: un +0,5% per il Movimento 5 Stelle (15,7%) e la perdita di consenso di Fratelli di Italia (-0,6%). Carlo Calenda con Azione e Matteo Renzi con Italia Viva, ora divise, generano una crescita totale sulla somma della loro ex alleanza dello 0,7%, che tuttavia non può essere metro di paragone (le precedenti rilevazioni prendevano in considerazione un’unica formazione politica).

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