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PAOLO ZACCAGNINI STRONCA IL FESTIVAL DI SANREMO

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ZAC! “SANREMO? UNA RISATA TI SEPPELLIRA’!” – PAOLO ZACCAGNINI STRONCA IL FESTIVAL: “A PARTE MENGONI, AL BANO, MORANDI, RANIERI, VANONI, PEPPINO DI CAPRI (FECE DA SPALLA AI BEATLES, IGNORANTI!) GINO PAOLI, IL CHITARRISTA TOM MORELLO, TUTTO IL RESTO È NOIA. MEGLIO ASCOLTARE IL DISCO DI EDGAR WINTER CHE HA VINTO UN GRAMMY COME MIGLIOR ALBUM BLUES CONTEMPORANEO. ALTRO CHE MANESKIN” – “IL “PARTIGIANO” AMADEUS È PRONTO A LASCIARE DOPO 4 ANNI? ARIDATECE PIPPO”…

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Paolo Zaccagnini, storico critico musicale, ci spiega perché Sanremo, nonostante Al Bano, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni, Peppino Di Capri, Gino Paoli, Tom Morello (al quale dovremmo delle scuse) e i Depeche Mode è stato “noia, solamente noia”. Molto meglio ascoltare il nuovo album di Edgar Winter, dedicato al fratello scomparso Johnny Winter, che ha vinto un Grammy come miglior album blues contemporaneo. Altro che Maneskin…

Ma veramente? Ma veramente il Festival è l’Italia odierna? Detto del “partigiano Amadeus” – è pronto a lasciare, dopo 4 anni, la direzione artistica e conduzione del Festival, bontà sua – e di Fedez e del fluido Rosa Chemical, di Chiara Ferragni, rarissimo esempio di salmone affumicato meneghino – e del ciarpame orrendo mostrato in cinque giorni, viene da far proprio il grido di Germana “cervellofino”. Aridatece Pippo. Un signore competente, colto, preparato, simpatico.

Non a caso due persone che conosco assai bene – di una sono stato il vice per 12 meravigliosi anni – vale a dire Roberto D’Agostino e Marco Molendini ne hanno scritto una sola volta lasciando l’onore di discettare a tutti e il contrario di tutti. Come si diceva una volta, a “cani e porci”. L’ultimo album degli U2, e quello soul di Bruce Springsteen, no, proprio no. Non si può. Capisco l’amore e la fede…Capisco che è difficile smettere di stare su un palco dopo tanti decenni, ma bisogna farlo pena il ridicolo che ormai li ammanta sempre più strettamente?

Non a caso il batterista, e fondatore del gruppo, Larry Mullen non andra’ a suonare a Las Vegas, si deve operare alle mani. Suoneranno in un’enorme, costosissimo tendone tecnologico facilmente raggiungibile. Finalmente capito l’annoso mistero. Risolto. Le strade non hanno nome ma quello della città sì. Las Vegas. Slot machines & canzonette. È finita E anche quest’anno, come dice il mio grande amico Roberto d’Agostino, “il festival ce lo siamo levato dalle palle”. Non credo. Perché’, non potendo risolvere i centenari problemi italiani, ora ci si avventa contro Sanremo. E lo fa uno come il parlamentare di Fratelli d’Italia, già Comunione e Liberazione, il signor Gianmarco Mazzi che il Festival lo ha organizzato per qualche anno.

Cospito Alfredo, anarchico, intanto è la causa di tutti i mali del Paese, può morire in pace, ora occorre spazzar via i bolscevichi, i rossi, le “zecche” che hanno organizzato e gestito l’ignobile kermesse. Coletta omosessuale? Che orrore e che vergogna. Al rogo! Ma per il cattivo gusto dispiegato a piene mani. A parte il meritatissimo premio a Marco Mengoni da Ronciglione, deliziosa cittadina della provincia di Viterbo, cosa è stato per me, vecchio rompiscatole, il Festival? Al Bano Carrisi, Gianni Morandi, anche come co-presentatore, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni, Peppino Di Capri – fece da spalla ai Beatles, ignoranti! – Gino Paoli, il chitarrista Tom Morello – ex Rage Against The Machine, Audio Slave e Bruce Springsteen & The E Street Band – e i Depeche Mode che hanno fatto ballare il teatro Ariston e l’Italia che li vedeva in tv. Tutto il resto, come diceva il maestro Franco Califano da Tripoli – è “noia, solamente noia”.

Ora tutti, e dico tutti, mi dicono cosa ne penso di Sanremo, come se 19 anni di sonori schiaffoni e calci non fossero bastati, ma io non mi presto al gioco onnicomprensivo e onnivoro, dove a tutti serve a fare polemica. Basta. Parliamo di musica.

E scusiamoci con Tom Morello – straordinario chitarrista per averlo portato sul palco insieme ai Maneskin per suonare i loro perdibili “successi”, e i due Depeche Mode rimasti – alt, il tastierista scomparso è defunto per un attacco cardiaco – che hanno proposto loro successi, quelli sì imperdibili, del passato e il nuovo, bellissimo singolo Ghosts Again, e poi parliamo, finalmente, di musica visto per il Festival della Musica Italiana di Sanremo di Musica Italiana non tratta più. Da anni. Parliamo di Brother Johnny. Cd che il fratello minore di Johnny Winter, il sassofonista e multistrumentista, Edgar, ha dedicato al fratello maggiore, morto nel sonno nel luglio 2014, mentre era in tour in Europa. Un lutto pesantissimo.

Per anni Edgar aveva rifiutato l’idea di fare un disco che omaggiasse il fratello, albino e tatuatissimo come lui, però visto il numero di persone, soprattutto musicisti, che gli chiedeva di fare qualcosa per ricordarlo, ha ceduto. Ha fatto qualche telefonata ed ecco Brother Johnny, con cui ha vinto recentissimamente un premio Grammy (miglior album blues contemporaneo), clamorosamente non vinto dal futuro del rock, vale a dire i romani Maneskin. Il lunghissimo preambolo – si intitola The story – scritto da Edgar è bello e toccante quasi quanto i brani suonati in seguito, è la storia di due fratelli cresciuti nel profondo Sud degli Stati Uniti d’America che si riscattarono della loro condizione attraverso la musica, nella fattispecie il blues. John Dawson Winter III era nato a Beaumont,in Texas, il 13 febbraio 1944 e, come detto, è scomparso nel sonno il 16 luglio 2014 a Zurigo, in Svizzera. Questi brani, e tutti i musicisti che li suonano, gli rendono onore. Un grande onore. 17 brani ma non saprei dirvi quale per me è il migliore.

Pezzi di Johnny tutti. E allora via con i titoli e i principali musicisti. Mean town blues con Joe Bonamassa, Still alive an well con Kenny Wayne, Sheperd One star blues con Keb’ Mo’, I’m yours and I’m her con Billy Gibbons e Dereck Trucks, Johnny Be Good con David Grissom e Joe Walsh, Stranger con Michael McDonald Joe Walsh e Ringo Starr, Highway revisited con Kenny Wayne Sheperd e John MCfee Rock’nd’roll, Hoochie koo con Steve Lukather, When you’ve got a good friend con Doyle Bramhall II, Jumpin’ Jack Flash con Phil X, Guess I’ll go away con Taylor Hawkins e Doug Rappporort Drown in my own tears con Edgar Winter, Self distructive blues con Joe Bonamassa, Memory pain con Warren Haynes, Stormy monday blues con Robben Ford, Get my mojo workin’ con Bobby Rush, End of he line con David Campbell Strings. Devo dire altro? No. Scusa, Festival, scusate, festivalieri, ma questa è Musica, questo è Blues. Da qui nasce tutto. Sanremo? Per cortesia. Sarà una risata che li seppellirà.

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