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PASSATA LA SBORNIA ELETTORALE SARANNO LACRIME E SANGUE

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Giancarlo Giorgetti ha le mani nei capelli, non sa come improntare la prossima finanziaria, che va presentata a ottobre ma va cucinata ora. A causa di una estenuante campagna elettorale per le europee è tutto fermo. Il tormentone a palazzo Chigi è sempre lo stesso: “Dopo il 9 giugno…”.

Il governo non sposta neanche un ago temendo di perdere voti e consenso, vedi il redditometro, presentato e cancellato nel giro di 24 ore nonostante sulla misura fosse d’accordo il Mef ma anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini.

Giorgia Meloni vuole aspettare il risultato delle europee perché è convinta, anzi, illusa, che dopo la formazione della nuova Commissione ci sia la possibilità di ridiscutere il patto di stabilità, considerato “punitivo” per le finanze italiane, con misure di rientro che molti giudicano insostenibili.

Il piano della Ducetta potrebbe andare a buon fine solo se la sua formazione, Ecr, fosse determinante per la creazione di una nuova alleanza. Ma, da un lato per i sondaggi, dall’altro per la resistenza di Macron e Scholz, si tratta di uno scenario improbabile.

Quel che è certo è che l’Italia, il 19 giugno, incasserà una bella procedura di infrazione, che sarà meno indigesta per Meloni e Giorgetti solo perché tra i Paesi stangati c’è anche la Francia. La misura però sancisce un nuovo status quo: l’Italia diventa ufficialmente sorvegliato speciale da parte dell’Unione europea.

E poiché il Patto di stabilità potrebbe restare così com’è, imponendo ai governi presenti e futuri manovre lacrime e sangue per rientrare del pesantissimo debito pubblico (2.872 miliardi di euro), Giorgetti e le banche spingono per la ratifica del Mes da parte dell’Italia.

Te credo: il Mes, grazie alla modifica del trattato, servirà come strumento di ultima istanza per il finanziamento del Fondo di risoluzione unico, istituito nel 2015, per la soluzione delle crisi bancarie europee.

Peccato che Giorgia Meloni voglia ancora barattare l’ok al Meccanismo europeo di stabilità, già approvato da 19 paesi, sui 20 dell’area Euro, con una revisione del Patto di stabilità. La famosa “logica di pacchetto” che è già stata spernacchiata durante i negoziati per le nuove regole fiscali.

Di riffa o di raffa, il povero Giorgetti, il più disperato tra i ministri del Governo, non sa dove trovare i soldi per la legge di bilancio. È già stato costretto a fare il giro delle sette chiese come “piazzista” per vendere le quote di Mps, di cui il Governo deve disfarsi entro la fine del 2024.

E poiché dopo le elezioni del 9 giugno l’esecutivo sarà costretto, giocoforza, a deporre i proclama propagandistici e a stringere i cordoni della borsa, il semolino Giorgetti ha già messo in conto un bastimento carico di scazzi con il suo segretario Salvini.

Allergico alle misure di rigore, il Capitone ancora sogna politiche spendaccioni, vuole il Ponte sullo Stretto, l’abolizione della legge Fornero, condoni, sanatorie e chi più ne ha, più ne metta.

Quel che più preoccupa gli euro-burocrati di Bruxelles non è solo l’attuale situazione di penuria delle casse pubbliche italiane, ma la strutturale condizione di debolezza dell’economia italiana, che da 30 anni non mostra segni di vera ripresa.

In Europa borbottano: abbiamo dato all’Italia 194 miliardi di euro di fondi Pnrr, il Pil tricolore dovrebbe volare, eppure arranca pericolosamente vicino alla media europea (e gli altri Paesi non hanno certo ricevuto la stessa quantità di denaro che abbiamo intascato noi…).

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