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IL DOLOROSO COMPITO DI RICOMPORRE I CORPI

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TAROCCHI GRATIS NEWSDel disastro ferroviario di Brandizzo costato la vita a cinque operai della ditta Sigifer di borgo Vercelli (Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà, di appena 22 anni), una delle «code» più drammatiche è quella dell’ultimo saluto. Sono ancora lontane le date dei funerali, i parenti invocano una salma da seppellire e sulla quale piangere il proprio dolore. Molti di loro, alla spicciolata si sono presentati nei giorni scorsi all’ospedale di Chivasso. Non una sera, ma due, tre. E ancora un’altra volta. Con la dignitosa supplica di chi ha perso un figlio, un padre, un marito un fratello. La risposta dei medici legali è un tuffo doloroso – se possibile – quanto e di più di quello di averli persi: «Non è possibile, per favore non insista». L’autopsia forse nemmeno serve ai fini dell’inchiesta che sulla dinamica dei fatti è già avanti e comunque non si potrebbe fare.

Perché queste legittime attese si scontrano con i fatti e coi tempi. Che non sono della giustizia, ma figli del dramma dell’incidente. I funerali degli operai sono lontani. É lungo, interminabile anche il lavoro della polizia scientifica incaricata di attribuire ogni resto a un corpo, ogni «reperto» a un nome. «Uno strazio, mi creda – confida un investigatore – ma lo dobbiamo alle vittime e a chi è rimasto a piangerli». E cosi negli ultimi giorni diversi parenti degli operai si sono educatamente presentati agli investigatori. Hanno risposto a una precisa richiesta della procura. E hanno consegnato tutto ciò che possa rendere riconoscibile quanto è rimasto dei loro cari. Vecchie ecografie di eventuali fratture alle ossa, foto di tatuaggi impressi sulla pelle, arcate dentali, documenti che attestino impianti odontoiatrici.

I magistrati di Ivrea hanno disposto che tutte queste operazioni fossero accompagnate dalla presenza di due psicologi che permettessero loro di «metabolizzare» la richiesta preparandoli al contempo al dopo. Che non è quello di celebrare a breve il saluto finale, i funerali. L’amara verità è che sono più di mille i «reperti» recuperati. E alle famiglie si può chiedere fino a un certo punto. Basta sentire il papà di Kevin Laganà, il più giovane delle vittime che aveva 22 anni. Il suo video/testamento rimasto intrappolato nella memoria del profilo Instagram che lo ritrae mentre scherza sui binari pochi minuti prima dello schianto, ha contribuito a far luce sulla genesi del disastro. Ma anche per Kevin vale lo stesso principio: bisogna attendere. «Quando sono andato in Procura a Ivrea ai magistrati che mi dicevano come fosse complicato “rimettere insieme i resti” perché un incidente così disastroso non era mai successo, ho spiegato che, se non avevano il coraggio loro di ricomporre mio figlio, l’avrei fatto io, perché io voglio il corpo di Kevin, è come se fosse una parte di me piange Massimo Laganà, il padre del ragazzo».CONTINUA A LEGGERE SU TAROCCHI GRATIS

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