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RITORNA LO SPRECO DELLE PROVINCE

MA NON AVEVAMO DETTO CHE LE PROVINCE ERANO INUTILI? – SIA IL CENTRODESTRA CHE IL PD HANNO DEPOSITATO IN SENATO DISEGNI DI LEGGE PER IL RIPRISTINO DEL SISTEMA DI ELEZIONE DIRETTA DELLE PROVINCE – DEPOTENZIATI DALLA LEGGE DELRIO DEL 2014, GLI ORGANI PROVINCIALI DOVEVANO ESSERE ABOLITI DEFINITIVAMENTE, MA IL FLOP DEL REFERENDUM COSTITUZIONALE DEL 2016 VOLUTO DA RENZI LI HA LASCIATI IN UNA ZONA GRIGIA. ORA MAGGIORANZA E DEM PUNTANO A RIMETTERLI IN PIEDI CON PIENI POTERI…

Tornano le province. Depotenziate dalle legge Delrio del 2014, ai tempi del governo Renzi, ora centrodestra e Pd puntano a rimetterle in piedi con pieni poteri. Sono stati depositati in Senato quattro disegni di legge per il ripristino del sistema di elezione a suffragio universale e diretto delle province. Quello di Forza Italia porta la firma di Licia Ronzulli e di altri dodici senatori azzurri, tra cui Silvio Berlusconi. Poi ci sono i ddl di Marco Silvestroni (FdI), di Massimiliano Romeo (Lega) e Bruno Astorre (Pd).

A giorni la commissione Affari costituzionali inizierà le audizioni e l’esame congiunto dei testi. La relatrice, la leghista Daisy Pirovano, ieri si è concessa una battuta davanti ai colleghi: «Sono emozionata di avere in mano anche un testo del Pd, finalmente anche voi avete capito che quella riforma è stata un errore». L’esito finale, «se si trovasse una proposta equilibrata» come dice Astorre, potrebbe anche essere un testo bipartisan.

Le province furono svuotate delle loro funzioni dalla riforma Delrio, che passò alla Camera tra le proteste del centrodestra. «Golpe! Questo è un golpe! Votiamo compatti no», gridava dai banchi dell’aula Renato Brunetta, allora capogruppo di FI. «Abbiamo detto basta a tremila politici nelle province», esultava invece Renzi: sulle riforme «dobbiamo andare avanti come un rullo compressore».

Mentre Giorgia Meloni ironizzava: «Primo vero prodigio di Renzi, finge di abolire le province e crea 25 mila poltrone in più. Supereroe». Dovevano poi essere definitivamente abolite con la riforma della Costituzione, ma la bocciatura del referendum del 4 dicembre 2016 lasciò le province a fluttuare in una zona grigia.

Ecco che ora le forze politiche provano a inserire la retromarcia. Partendo proprio dall’esito della consultazione popolare che chiuse l’esperienza di Renzi a palazzo Chigi, «quando in modo chiaro la stragrande maggioranza dei cittadini ha bocciato le riforme costituzionali nel loro complesso», scrive Romeo nel ddl che porta la sua firma e che «si prefigge lo scopo di ripristinare la legalità costituzionale».

Il disegno di legge di Forza Italia intende «ridare voce a milioni di elettori che si sono visti rimuovere il loro diritto a votare direttamente il loro presidente della provincia e il consiglio provinciale», spiega Licia Ronzulli. Il testo di FI e quello della Lega hanno in comune anche l’abolizione del ballottaggio nei comuni oltre i 15 mila per i sindaci che al primo turno abbiano preso il 40% dei voti. Il Pd chiede di rivalutare il ruolo e ripristinare le funzioni delle province «molto spesso oggetto di campagne approssimative e fuorvianti, a tratti eccessivamente denigratorie». Astorre auspica «una sorta di ripensamento normativo», necessario per «completare la riforma del Titolo V in senso ancor più autonomistico».

Anche FdI chiede di tornare all’assetto istituzionale pre 2014, cancellando la legge Delrio che «in sostanza si è limitata ad abolire i compensi e l’elezione diretta degli organi provinciali e delle città metropolitane. Questa esperienza negativa deve essere superata – chiedono Silvestroni e altri sei senatori del partito – e la parola deve tornare ai cittadini che dovranno essere di nuovo chiamati a eleggere gli amministratori». Dietrofront, nove anni dopo.

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