• 6 Giugno 2025 03:52
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I tormentati silenzi che avvolgono le notti insonni di numerosi alti prelati di curia scandiscono un’era di attesa e incertezza. Dalla fumata bianca che ha annunciato Papa Leone XIV, un’onda sismica ha attraversato le antiche mura vaticane, spingendo molti a una frenetica corsa per decifrare le direttive del nuovo pontificato, alla ricerca di quegli spiragli e contatti che potessero garantire un allineamento opportunistico con il potere nascente. Nonostante l’immagine mediatica di un Pontefice sorridente e affabile, incline alle maniere popolari e alla prossimità, la realtà della curia di Francesco era ben lungi dall’essere gioiosa. Pochi erano i fortunati che godevano di quella rara benevolenza del sospettoso Jorge Bergoglio, la cui tolleranza era effimera: bastavano pochi “spifferi” o maldicenze per veder carriere ecclesiastiche, costruite in decenni, dissolversi in un lampo di disgrazia.

In tale contesto, non era passato inosservato il monito del Cardinale Ruini che, alla vigilia del conclave, aveva auspicato sulle pagine del *Corriere della Sera* l’elezione di un «Papa buono» capace di ricucire le profonde fratture lasciate da una gestione talvolta percepita come isterica. Racconti e aneddoti emersi dalle profondità dei Sacri Palazzi dipingono il ritratto di un Papa in chiaroscuro, una figura complessa le cui azioni saranno giudicate dalla storia. Solo il tempo potrà rivelare le reali motivazioni che lo hanno spinto a mettere in croce una delle figure a lui più vicine, il suo fedele tuttofare, Monsignor Angelo Becciu. Condannato nel dicembre 2023 dal Tribunale Vaticano a cinque anni e sei mesi di reclusione per peculato, truffa aggravata e abuso d’ufficio, la sua caduta ha scosso le fondamenta della Segreteria di Stato vaticana, aprendo uno squarcio sulla gestione dei fondi e, in particolare, sulla controversa compravendita di un immobile di lusso a Londra.

E forse un giorno la storia potrà dipanare il misterioso ed enigmatico ruolo di Francesca Immacolata Chaouqui, figura già nota per altre vicende giudiziarie, o chiarire le ragioni del fulmineo licenziamento del capo della gendarmeria, Domenico Giani. Emerge, inoltre, una contraddizione che alimenta il dibattito: l’inattesa schiera di “checche” di cui il compianto Papa amava comunque circondarsi, a dispetto dei suoi accorati e pubblici appelli contro la «frociaggine». Un paradosso che solleva interrogativi sulla coerenza tra le dichiarazioni pontificie e le pratiche interne, alimentando interpretazioni e malumori.

Papa Prevost, noto per la sua (eufemisticamente parlando) avversione alla vanità, si troverà di fronte a un’impresa ardua: rimettere ordine nella cospicua schiera di personaggi, specialmente tra i cardinali italiani, che hanno sfruttato la loro vicinanza a Papa Francesco per promuovere la propria immagine, spesso attraverso attività di pura propaganda abilmente disseminate nei “salotti buoni” della romanità. La lista di queste “anime belle” è lunga e variegata, raccogliendo figure eterogenee. Un posto d’onore, tuttavia, è riservato a un profilo luminoso e carismatico che si è distinto nell’ombra della Chiesa di Francesco: l’arciprete della Fabbrica di San Pietro, il Cardinale Mauro Gambetti, considerato all’epoca del precedente pontificato il “Frate più potente” del Vaticano.

La sua carriera è stata a dir poco fulminante, un’ascesa che ha lasciato molti a bocca aperta. Laureatosi in ingegneria meccanica a Bologna, una formazione insolita per un futuro principe della Chiesa, Gambetti è stato ordinato sacerdote l’8 gennaio 2000, all’età relativamente matura di 34 anni — ben al di sopra della media dei 25 anni. La sua rapida ascesa culminò nel concistoro del 28 novembre 2020, quando Bergoglio stesso gli impose la berretta e l’anello cardinalizio. Nato nel 1965, Gambetti, al momento della sua nomina, era il più giovane porporato italiano vivente e il terzo più giovane in assoluto all’interno del Collegio cardinalizio. Questa rapida e cospicua progressione è stata oggetto di attenzione e curiosità, data la sua provenienza atipica e la sua relativa “giovane età” per un tale incarico.

In un’intervista concessa ad Aldo Cazzullo, Mauro Gambetti ha aperto uno squarcio sul suo passato, definendolo in modo scherzoso come “libertino”. «Da ragazzo», ha raccontato il Cardinale, «avevo una gran voglia di divertirmi, di essere felice, di realizzarmi. Erano gli anni ’80, un decennio di fermento e possibilità. La vita clericale non era che mi attirasse molto in quel periodo. Il mio mito assoluto era Gianni Agnelli; sognavo di diventare un grande imprenditore e, magari, un filantropo, un benefattore illuminato. Avevo ottimi amici, tra cui il mio compagno di classe Stefano Domenicali, che ora è l’indiscusso capo della Formula Uno. Mi iscrissi a ingegneria, il percorso che sembrava più adatto ai miei sogni di realizzazione. E mi fidanzai con Cristina». La rivelazione di un tale passato, così distante dall’immagine convenzionale di un prelato, non solo aggiunge un’ulteriore tessera al mosaico della sua personalità complessa, ma illumina anche la straordinaria parabola che lo ha condotto dalle aspirazioni mondane alle vette della Chiesa, rendendolo una figura ancor più affascinante e influente nel panorama vaticano contemporaneo.

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