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Se ne va Pino d’Angiò uno dei simboli degli anni ’80

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Secondo lui la metrica era quella di «una filastrocca per bambini». Per molti è il primo rap italiano, un “protorap”. […]

Secondo lui la metrica era quella di «una filastrocca per bambini». Per molti è il primo rap italiano, un “protorap”. Nel tormentone pop anni ‘80 Ma quale idea, Pino D’Angiò nel 1980 ha sperimentato la canzone parlata, voce roca e un po’ “strapazzata”, echi funky ascoltati durante l’infanzia negli Stati Uniti, le “vocine alla Bee Gees”, l’idea del superbullo che seduce una ragazza in discoteca e le atmosfere alla Fred Buscaglione, in chiave Eighties.

Addio a Giuseppe Chierchia, in arte Pino D’Angiò, nato a Pompei 71 anni fa (72 li avrebbe compiuti il prossimo 14 agosto). Con la hit Ma quale idea, D’Angiò è diventato famoso in Italia ma anche all’estero: 2 milioni e mezzo di copie vendute in Italia, 12 milioni nel mondo. La canzone è rimasta al top delle classifiche in Spagna per quasi tre mesi. Pino D’Angiò l’ha cantata in duetto a Sanremo 2024 nella serata delle cover con i Bnkr44 e il pezzo in versione remix è diventato di nuovo famoso anche su Tik Tok, rimbalzato in migliaia di video.

Vent’anni fa i Flaminio Maphia lo avevano riproposto col titolo Che idea. Il cantante e paroliere di Pompei (dove martedì si terranno i funerali) è tornato a esibirsi nei club un paio di anni fa: «C’era il club pieno di ventenni. Per canzoncine scritte 40 anni fa. Come non prenderla con divertimento?», diceva a Repubblica a gennaio.

Pochi mesi prima si era dovuto togliere un polmone, ma se ne fregava, perché «tanto di polmoni ne ho due». Definiva il suo mestiere un gioco e non se lo sapeva spiegare. E con Ma quale idea, Pino D’Angiò ha ispirato una delle prime cento canzoni dance anni ‘90 Don’t call me Baby dei Madison Avenue, la linea di basso è stata campionata dal suo successo ed è suonata da Stefano Cerri.

Tour in tutto il mondo, dal Venezuela all’allora Unione Sovietica, icona anni ‘80, amato dai paninari che lui derideva prendendo in giro la figura del playboy dell’epoca, D’Angiò nato da una famiglia di Mercato San Severino, in provincia di Salerno, padre ingegnere con una carriera negli Usa e madre insegnante, ha composto canzoni per tanti artisti. Per Mina ha scritto Ma chi è quello lì. Ha frequentato anche il cinema, diretto da Giuseppe Tornatore nel ruolo di Verzella ne Il camorrista e su invito del doppiatore ufficiale Oreste Lionello ha dato voce a Woody Allen.

Ieri l’annuncio della scomparsa dato dalla moglie Teresa e il figlio Francesco. “Purtroppo oggi papà ci ha lasciati, colpito da un grave malore che lo ha portato via nel giro di qualche settimana. Ha resistito tanto, come ha sempre fatto”.

L’artista e produttore con il suo spirito scanzonato aveva sempre parlato con leggerezza dei suoi stop a causa delle malattie che lo avevano colpito negli anni, un tumore alla gola che lo ha costretto a sei interventi chirurgici, un infarto e un tumore al polmone. Il suo insegnamento in questi tempi di iperpresenzialismo social: «Ho sempre fatto questo mestiere per gioco. Non ho mai creduto che potessi essere un cantante perché non lo sono né ho mai voluto esserlo.

Cantante è l’unico mestiere che viene definito con il participio presente. Il medico non è il guarente, il falegname non è il segante. Questo perché il cantante esiste mentre esercita il suo lavoro, poi un attimo dopo, puff! Sparisce».

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