Guarda la vita di lusso di Inzaghi in Arabia

La notizia che ha scosso il mondo del calcio quest’oggi, configurandosi come uno degli eventi più significativi della sessione di mercato, è l’imminente addio di Simone Inzaghi alla panchina dell’Inter. Un’ipotesi, finora sussurrata, che assume ora i contorni di una decisione imminente, destinata a generare un’onda d’urto nel panorama calcistico italiano ed europeo. La ragione di tale clamore è duplice: si tratta della partenza di un tecnico che ha guidato la squadra Campione d’Italia uscente e vice-campione d’Europa, e la sua destinazione non è un altro gigante d’Europa, bensì la Saudi Pro League, segnatamente l’Al-Hilal.

Nel contesto calcistico tradizionale, il secondo posto, pur essendo un risultato di prestigio in Champions League, è spesso offuscato dalla narrativa della vittoria assoluta. In generale, il concetto di ‘zero’ raramente si associa a qualcosa di positivo, salvo quando si traduce in una serie di zeri su un contratto, preceduti da una cifra che promette ricchezza. In questo caso, una cifra mastodontica: 25 milioni di euro. Simone Inzaghi, infatti, si appresta a firmare con l’Al-Hilal un accordo che, con un ingaggio di 25 milioni di euro a stagione, lo proietterebbe nell’olimpo degli allenatori più pagati al mondo, potenzialmente persino della storia del calcio. Questo trasferimento, in termini puramente economici, è un terremoto.

Appare quantomeno singolare, per molti osservatori, che un tecnico capace di raggiungere due finali di Champions League in appena tre anni, alla guida di una squadra che, pur eccellente, opera con budget significativamente inferiori rispetto ad altre superpotenze europee, e che ha saputo costruire il proprio successo attraverso strategie finanziarie oculate – prestiti, acquisti a parametro zero e operazioni meticolosamente programmate – decida repentinamente di abbandonare il palcoscenico del calcio d’élite. Il calcio competitivo, quello che genera prestigio e riconosce il merito sportivo come valore primario, sembra passare in secondo piano di fronte all’irresistibile richiamo economico.

È fondamentale riconoscere che, al di là delle dichiarazioni ufficiali che esaltono la crescita tecnica della Saudi Pro League, l’incremento del livello di gioco e l’attrazione di numerosi campioni globali attraverso incentivi finanziari senza precedenti, il ‘prodotto finale’ offerto dal campionato saudita è ancora percepito da molti come un’esperienza calcistica di rango inferiore rispetto ai campionati di punta europei. Questa consapevolezza è ampiamente diffusa tra gli addetti ai lavori e gli stessi protagonisti: il trasferimento in Arabia Saudita è spesso visto come un’opportunità per assicurarsi un futuro finanziario senza eguali, prima di un possibile ritorno in contesti più competitivi. Si tratta di una scelta di vita, improntata al lusso e alla tranquillità economica, che per molti versi si discosta dalla pura e implacabile logica sportiva.

È cruciale, in questa analisi, dissipare ogni equivoco: calciatori e allenatori che si trasferiscono in Arabia Saudita mantengono il loro status di professionisti integri e altamente qualificati. Semplicemente, ampliano il ventaglio delle proprie opzioni professionali e scelgono un percorso che abbassa significativamente il livello di pressione sportiva e competitiva. Si potrebbe forse azzardare che abbiano scoperto un ‘cheat code’ per l’illimitata disponibilità finanziaria, un fattore che, in un mondo sempre più condotto dalla logica economica, non può essere ignorato.

Simone Inzaghi si unisce a un elenco crescente di luminari del calcio – atleti del calibro di Cristiano Ronaldo, Sadio Mané, N’Golo Kanté, Sergej Milinkovic-Savic, João Cancelo, Karim Benzema, Franck Kessié, Aymeric Laporte, Kalidou Koulibaly tra i giocatori; e tecnici come Jorge Jesus, Matthias Jaissle, Laurent Blanc, Míchel, Fatih Terim e Stefano Pioli tra gli allenatori – che hanno ceduto al fascino delle sirene multimilionarie provenienti dal Medio Oriente. Questa tendenza solleva interrogativi sulla futura geografia del potere nel calcio mondiale e sulla sostenibilità dei campionati europei, che rischiano di perdere alcune delle loro stelle più brillanti.

Ci si chiede, legittimamente, se Inzaghi abbia contattato l’ex rivale del Milan, Stefano Pioli, per informarsi sulla quotidianità e sulle condizioni di vita nel Regno. Dopotutto, Pioli, trasferitosi all’Al-Nassr, si è adattato con notevole successo a questa nuova realtà. Le cronache raccontano di un tenore di vita sontuoso: una BMW M3 da 800 cavalli (uno dei soli 500 esemplari al mondo); la possibilità di fare un pieno con appena 20 euro in un contesto di guadagni annuali di 12 milioni, eliminando ogni preoccupazione per le spese quotidiane; una residenza in un quartiere extra lusso, con ville e accesso rigidamente riservato ai residenti, quasi una città nella città, con un’atmosfera più vicina all’Europa che all’Arabia (dove le donne prendono il sole in bikini in piscina, un dettaglio tutt’altro che scontato in quella regione); la disponibilità di palestre all’avanguardia, mercati fornitissimi di prodotti europei per mitigare il ‘gap’ culturale; un cuoco personale del club che prepara cucina italiana; cene serali in ristoranti di lusso all’interno degli hotel del Financial District; e persino escursioni nel deserto e soggiorni in resort da mille e una notte tra dune e oasi. Paradossalmente, il tecnico che non riusciva a vincere i derby contro l’Inter di Inzaghi ora gode di una serenità economica impensabile nel rigido contesto italiano.

Eppure, lo stesso Pioli potrebbe essere il protagonista di un percorso inverso, un clamoroso ritorno nella ‘povera Italia’, con Atalanta e Fiorentina che sembrano aver manifestato un concreto interesse. Questo, in parte, è dovuto al fatto che la sua avventura con l’Al-Nassr di Cristiano Ronaldo non sta raggiungendo i fasti sperati in termini sportivi. Ma, soprattutto, perché, in fin dei conti, il richiamo del calcio giocato, la passione per la competizione pura, è sempre più forte, almeno per alcuni. Resta l’incognita sulla durata dell’esperienza di Simone Inzaghi in Arabia. Per ora, i 25 milioni di motivi sono più che sufficienti per fargli accettare e apprezzare la sua nuova destinazione. Chissà, forse la Champions League asiatica un giorno acquisirà lo stesso fascino di quella europea; si spera, però, non la stessa difficoltà. Ma per il momento, il pallone, quello che rotola sui campi, sembra essere l’ultima delle preoccupazioni.”,
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